“Il cliente ha sempre ragione”, recita il rosario del buon venditore. Ma è davvero così? Il cliente è davvero sacro? A dire la sua sul tema è un barbiere milanese, Francesco Cirignotta, già acclamato come miglior barbiere al mondo dal Financial Times. State a sentire: è un invito a uscire dagli schemi, oltre che dalle consuete dinamiche di bottega.
Vi ricordate de ”il re è nudo”? La nota favola, straordinaria nella sua semplicità, racconta la storia di un re e di due truffatori che finiscono per convincerlo a indossare una stoffa invisibile a stolti e indegni, di fatto lasciandolo ridicolo e nudo. Fino a quando un bimbo, in tutta la sua purezza, alla fine ha il coraggio di dire la verità: il re è nudo. Il sovrano era arrivato alla follia nella sua vanagloria spropositata: si era convinto che nessun abito fosse più degno della sua persona: per accontentarlo, i finti sarti finirono per svestirlo piuttosto che vestirlo.
Vi dico questo come antefatto al mio personale contributo in merito alla celebre frase “il cliente ha sempre ragione”. Questa favola potrebbe adattarsi perfettamente al rapporto tra chi offre i servizi (il sarto) e il suo cliente (il re nudo). Vi invito a non trattare il cliente come il povero re nudo della celebre favola, accontentandolo in tutto fino alla truffa.
Il cliente ha sempre ragione a casa sua
Ritengo, da artigiano di bottega, che il cliente sia sacro e abbia sempre ragione molto probabilmente solo a casa sua. Lo so che sto dando scandalo, ma adesso vi spiego perché ho questa convinzione. I servizi o i servitori o coloro che offrono servizi sono sempre bravi e buoni? Per niente. Spesso agiscono unicamente per comodo o per i propri interessi.
Anche i clienti, d’altro canto, sentono quasi il dovere di comunicare liberamente il proprio fastidio generale, non sempre attribuibile a chi ha offerto il servizio. Criticano per partito preso, per scaricare le frustrazioni personali. Tra l’altro, assai spesso questo ‘fastidio’ viene utilizzato per mettere alla sbarra il mondo di chi lavora. Eppure, se si desidera rispetto, occorre prima saperlo dare.
Fatto il punto e stabilito che nessuno è idealmente corretto e giusto fino in fondo, dobbiamo iniziare a ristabilire delle regole. Per esempio: quello che dichiaro di offrire ai clienti, deve corrispondere alla realtà. Il cliente, dal canto suo, deve ricevere quanto pattuito e non pretendere l’impossibile per il solo fatto di essere ‘cliente’. Le sue aspettative non devono oltrepassare il limite di quanto convenuto.
In fondo, il rapporto tra chi offre servizi e chi li riceve è un patto. Ma è anche vero che i patti non possono essere rigidi come se fossero scolpiti sulla pietra: può capitare che le esigenze di chi riceve siano diverse e personali. Il famoso buon senso qui la fa da padrone.
Il buon senso
E se il buon senso vi sembra poca cosa, ricordatevi che è stato lui a tenere in piedi per millenni l’intero corpo delle leggi. Le leggi si basavano addirittura sui criteri del buon padre di famiglia…
Piuttosto che fare tante ‘carezze’ per conquistare le persone, in quanto clienti, e investire danari per raccontare quello che facciamo, noi operatori di servizio dovremmo semplicemente fare il nostro mestiere. Lasciamo che siano i clienti la nostra miglior pubblicità. Torniamo a quel valore assoluto per il quale una persona, se è stata contenta di noi, porterà con il proprio passaparola, la buona novella a chi desidera ascoltarla. Altro che virale!
Questo non significa che non serva usare i social, la ‘mucca sacra’ del nostro tempo cui bisogna tribuire onori e rispetto: ci mancherebbe. Dovremmo semplicemente usarli meno e con più intelligenza. In ogni caso, una mia convinzione incrollabile è che sia sufficiente la responsabilità per riuscire a fare le cose giuste, insieme al criterio universale del rispetto dell’altro.
Utilizzare e non abusare
Occorre semplicemente essere bravi professionisti per capire cosa desidera l’altra parte, quella del cliente. Ma bisogna essere grandi professionisti anche quando si è nei panni del cliente: evitare, pertanto, di pretendere l’assurdo. Capita spesso che sia l’erogatore dei servizi a usare il cliente ospite. Al contrario è l’ospite che dovrebbe ‘utilizzare’ a non ‘abusare’ del valore dei servizi offerti.
Con questo, pur con un dente avvelenato per il volgere dei tempi, auguro a tutti i miei colleghi barbieri e alla nostra clientela un sereno 2024. L’augurio che rivolgo a entrambi è quello di non dimenticarsi del significato sociale del mestiere del barbiere: rendere decorose e tenere in ordine la persona con un buon taglio di capelli. I problemi emotivi e psicologici da entrambe le parti dovranno essere affrontati in altra sede. Non tocca a noi barbieri trasformarci in psicologi: fermiamoci a una eventuale modesta empatia con il cliente.
Come sarà il 2024? Come diceva il venditore dell’Almanacco, sarà come gli uomini lo faranno.