Francesco Cirignotta, il Barber Snob di Milano che ha imparato a farci riflettere tra una barba e un taglio di capelli, oggi lancia un quesito gigante sul lavoro. Cosa deve essere garantito, secondo voi, il diritto al lavoro o il reddito di cittadinanza?
Ebbene, oggi vorrei fare una scomoda riflessione sul mercato. Vi anticipo che sarò per lo più controcorrente, nel caso seguiate qualche corrente.
Cominciamo con una domanda maieutica, di quelle a ‘matrioska’ che ne contengono tante altre, via via che le si apre. Cosa abbiamo imparato da questo periodo stressante che, come ci eravamo detti in passato, potrebbe essere una vera C.R.IS.I., corsia riservata per ispirazione e innovazione? Come abbiamo sfruttato a nostro vantaggio una situazione che per i più non può che essere avversa?
Sì, perché noi – e parlo soprattutto ai colleghi parrucchieri, come agli altri artigiani – abbiamo tutto sommato una maturità sociale e di mercato tale da poter comunque fare bene sul lavoro, malgrado le difficoltà. Abbiamo opportunità, se non altro perché in questo momento c’è denaro a poco costo.
A questo punto però, una verità è innegabile e non occorre che ve la racconti io. Manca il lavoro, in particolare manca il lavoro nel rispetto che si dovrebbe avere verso il lavoro. Questo, ovviamente, è rispettato quando viene giustamente retribuito. Adesso è merce al ribasso.
E va comunque aperta una parentesi. Questo è un mercato del lavoro che sarà anche difficile, ma è pur sempre un mercato. E come in ogni mercato che si rispetti ci sono più idee e più soldi di quanto non vi siano persone. Per farlo funzionare bastano individui capaci di prendersi in carico progetti che possono diventare motore della vita personale e di quella sociale.
Il secondo elemento negativo innegabile è la totale mancanza sul mercato della necessaria elasticità che consenta alle persone di emigrare, di cercare altrove opportunità. Questo fa stagnare ulteriormente la merce lavoro. L’emigrazione è anche spostamento costante di formazione e informazione: ecco perché, quando viene a mancare, il mercato soffoca e non offre più niente.
Lo so che sto toccando tasti dolenti. A chi dare la colpa? Alla società? Qualcuno propone come panacea il reddito di cittadinanza. Personalmente, sono convinto che il tema del lavoro sia estraneo a questo tipo di reddito. Il diritto al lavoro è l’unico tema civile che sconfina nel sacro, nella tutela della dignità dell’uomo. Ecco perché il lavoro non si può sostituire con l’elemosina. E torniamo al rispetto del lavoro che poi altro non è che il rispetto dell’uomo.
I tempi sono maturi: ho la sensazione che i prossimi saranno anni di grandi ascese e di grandi spostamenti di masse e capitali. Ci sarà inflazione sociale. Dovremo fare in modo che le persone tornino a guadagnare più dei propri padri e non il contrario. Dobbiamo fare in modo che i giovani possano mantenere una famiglia e ambire a una casa. E sarà dura.
Ma cosa può essere al di là di quello che dovrebbe essere? Ricordiamoci che il valore è il mestiere e il denaro ne è solo una conseguenza positiva. Le persone non possono andare a caccia di uno stipendio solo perché devono vivere, perché, così, allora tanto varrebbe chiedere il reddito di cittadinanza. Arrabbiatevi pure. Vi invito cortesemente a scrivermi qui se volete controbattere.